mercoledì 8 marzo 2023

Tetraktys. Parte Quinta. ‘Interludio giorgionesco: gli albori della massoneria’, di Luigi Pentasuglia


                                    

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Profondo fu il legame del cardinale Bessarione con Venezia da lui appellata ‘seconda Bisanzio’. Alla città lagunare egli fece dono del proprio archivio di manoscritti originali in lingua greca e latina destinato a formare il nucleo umanistico della Biblioteca Marciana. 





L’affiliazione bessarionea degli artisti veneti, primo fra tutti Giorgione da Castelfranco, oltre agli aristocratici committenti, è testimoniata dalla vasta ritrattistica tra cui i seguenti tre esempi. Nei ritratti di Giovane della Gemäldegalerie di Berlino e del Gentiluomo-Goldman della National Gallery of Art di Washington il codice ‘VV’ compare oramai senza più veli sul muretto a sbalzo, tipico della ritrattistica giorgionesca. Nel Ragazzo con la freccia della Kunsthistorisches Museum di Vienna il codice ‘VV’ s’insinua invece sia nella posizione divaricata dell’indice e del medio intersecanti la freccia, sia nell’ampia scollatura del mantello rosso, il tutto è ribadito formalmente e  cromaticamente dalla conformazione bipartita della cocca.





Il simbolismo della ritrattistica giorgionesca include il pressoché onnipresente muro con sbalzo: se da un lato i tratti verticale e orizzontale inferiore alludono insieme alla lettera greca G (gamma), dall’altro i tratti verticale e orizzontale superiore alludono insieme alla lettera greca L (lambda). Ebbene, sappiamo che nella notazione alfabetica medievale la lettera greca  G corrispondeva alla prima nota della scala Sol che in latino significa Sole; d’altro canto la lettera L corrisponde alla lettera latina L iniziale di Luna. Due simboli, questi, che consentono di risalire all’origine del segno distintivo massonico per eccellenza: il compasso - alias la lettera greca L - sovrapposto alla squadra  - alias la lettera greca G. Quanto alla G sovente presente al centro del famoso simbolo muratorio, il rimando è sia alla nota Sol, quinta nota della scala moderna, che all’astro solare, ciò che conferma l’influenza esercitata dal neoplatonismo sulla nascente massoneria.





Ad avallare quanto appena detto concorre il celebre dipinto giorgionesco noto come I tre filosofi. L’uomo orientale poggia il pollice sulla cintola bianca all'altezza del plesso solare: in questo modo il pollice forma con l'indice la lettera G associata al Sole che sta irraggiando la linea dell’orizzonte; l’albero arso alle spalle dell’uomo come il rosso della tunica richiamano invece la forza distruttrice dell’astro. Funge da elemento subalterno il lembo bianco della cintola a forma di lettera L iniziale di Luna. Quanto all'anziano signore in tunica color pallido ocra ‘simil luna’, all’opposto egli si staglia su un ombroso e rigoglioso fondale vegetativo. Se per un verso il cartiglio che regge con la mano destra porta al centro disegnata la falce lunare, per altro con l'altra mano impugna il compasso associato alla lettera L iniziale di Luna. Rileviamo infine che con la stessa mano copre parzialmente un abbozzo del Sole come a sottolinearne il ruolo subalterno.  




Ecco che il simbolo massonico per antonomasia, la ‘squadra e compasso’, si palesa tra le mani del giovane seduto che fissa una buia caverna i cui contorni tradiscono la silhouette di uno yogi nella posizione detta ‘del loto’ prevista dall’Hata-yoga. Ebbene, i termini sanscriti Ha’ e Tha che significano ‘Sole’ e ‘Luna’ sono gli stessi evocati dal compasso e dalla squadra maneggiati dal giovane, per giunta in vesti di tonalità contrastante perciò rappresentativi del principio di coincidentia oppositorum.



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