mercoledì 8 marzo 2023

Tetraktys. Parte quarta: Il ‘Cenacolo’ pitagorico. di Luigi Pentasuglia


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In apertura della rassegna ‘Tetraktys’ abbiamo citato il Cenacolo di Leonardo da Vinci, di colui che della generazione successiva quella di Piero della Francesca sembra aver più di tutti assimilato la ‘lezione esoterica’ del maestro di Sansepolcro. In quell’occasione dicevamo che il Cenacolo ricalca lo schema della Tetraktys con le pareti laterali che convergono come i lati di un triangolo nel punto focale alle spalle di Gesù; sempre sulla falsa riga della Tetraktys osservavamo altresì come su ciascun lato sono affissi quattro pannelli chiusi frontalmente da quattro gruppi di apostoli con al centro il Messia.




A riguardo ci viene incontro la Legeda aurea di Jacopo da Varazze (secolo XIII) che paragona l’apostolo Giacomo Maggiore al sosia del Messia. È dunque naturale che Leonardo lo effigi identico a Gesù: con le braccia allargate e le 10 dita ben distese Giacomo Maggiore incarna il numero della Tetraktys essendo in ciò imitato, sull’altro lato della tavolata, da sant’Andrea martirizzato su una croce a forma di numero ordinale ‘X’ (‘decimo’). 




L’assimilazione di Cristo al codice salomonico ‘VV’ è – si fa per dire – ‘tradita’ dal gesto di Giuda che ostenta le 5 dita della mano sinistra specularmente alle 5 dita della mano destra del Messia. 




Al principio di ‘coincidenza degli opposti’ implicito nel codice allude invece il parallelismo sia geometrico che simbolico che si stabilisce tra un Giuda dai tratti affatto mascolini e un effeminato Giovanni evangelista: se da un lato Giuda con in pugno il sacchetto dei danari del tradimento rinvia alla qualità ‘maschile’ del pieno, dall’altro il vuoto palmare di Giovanni plorante rinvia all’opposta qualità ‘femminile’. 




Il codice salomonico ‘VV’ riaffiora sull’estremità destra della tavolata nel gesto contabile di Simone che tiene il pollice a contatto con il polpastrello del ‘V’ dito; gli annuisce Taddeo che, a sua volta, tiene l'indice e il pollice divaricati a mo’ di numero ordinale romano ‘V’. 






Identica logica guida il gesto di Matteo: le linee degli indici e dei pollici delineano l’accoppiata numerica ‘VV’ disposta orizzontalmente nonché controbilanciata specularmente sull’altro capo della tavolata dai gesti di Giacomo Minore e di Pietro.







Singolare poi il gesto di Filippo: la mano sinistra chiusa a pugno mostra la linea delle 4 nocche allusive del lato della Tetraktys; la nocca mediana superiore, a 2/3 di tal linea, è intercettata dal medio dell’altra mano segnalando la prima V del ‘Codice’: la frazione 2/3 è infatti indicativa dell’intervallo di quinta. La seconda V è criptata nella gestualità di sant’Andrea: le linee interne dei pollici fungono da guide per i lati obliqui di un triangolo virtuale convergenti nel bottone al centro del girocollo. La punta della lama del coltello che Pietro rivolge minaccioso contro sant’Andrea intercetta i 2/3 della base di detto triangolo, segnalando perciò l’intervallo di quinta.






La sagoma di Cristo si staglia sulla luce della finestra alle spalle delineando il numero ordinale 'V' capovolto ribadito, sull'estremità sinistra della tavolata, da Bartolomeo che, con le braccia allungate e le mani saldamente piantate sul tavolo fissa Gesù con fare di sfida. Rammentiamo che il martirio dello scorticamento di san Bartolomeo e lo stesso inflitto da Apollo a Marsia che aveva osato sfidarlo in una gara musicale. Come afferma lo storico dell’arte Edgar Wind, il supplizio dello scorticamento va interpretato come un rito di purificazione mediante il quale la ‘bruttezza’ dell’uomo esterno viene lacerata per rivelare la bellezza divina che alberga in lui. 






È su Tommaso soprannominato Didimo - due nomi che significano ‘gemello’ ‘doppio’ – che cade la scelta di Leonardo per introdurci all’ultimo e più complesso tassello di questo intricato puzzle. L’indice dell’apostolo puntato al soffitto allude al numero ordinale I e, formalmente, alle due finestre laterali. Considerando che la sagoma di Cristo ricalca il numero ordinale V, vien fuori la numerazione palindroma ‘I - V - I’. Sul senso c’instrada l’indice di Tommaso anticipato dalle 5 dita della mano destra Giacomo Maggiore: in altri termini, un invito a considerare il numero ordinale VI.

 






L’idea è sommare due volte ‘I + V’ da sinistra a destra e viceversa. Convertendo quindi in cifre le somme ‘6-6’, coerentemente le sovrapporremo specularmente sì da ottenere la frazione 6/9 indicativa dell’intervallo di quinta. Una frazione, questa, avallata dalla struttura a cassonetto del soffitto additata da Tommaso – non a caso! - scandita da 6 campate longitudinali e 6 trasversali





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